AL GLORIOSISSIMO E FELICISSIMO POPOLO DI CERBAIA

ANNO 1312 INDICTIONE

Al gloriosissimo e felicissimo popolo di Cerbaia, per la pace arrivata, alziamo la voce alla Gloria Celeste, mandando baci alla terra bagnata dal sangue. Ma la sagacità e la persecuzione dell’antico e superbo nemico, il quale sempre e nascosamente aguata la prosperità, disertando molti i quali consentirono e vollono, per l’assenza del protettore, noi altri volenti crudelmente spogliò.
Ecco ora il tempo accettabile nel quale surgono i segni di consolazione e di pace. In verità il nuovo comincia a spandere la sua luce, mostrando da oriente l’aurora che assottiglia le tenebre della lunga miseria. Oggi quelli che hanno fame, e che bere desiderano, si sazieranno e si diseteranno.
Lo tempo della zuppa con pane e lo frutti dello orto sono finiti, ma di esso non si deve mai scordare.

Negli orti nel XIV secolo erano presenti sempre ortaggi: cipolle, cavoli, agli. Negli statuti comuninali di molti popoli del contado, obbligavano gli abitanti delle comunitò a piantare un numero minimo di ortaggi, come è presente nello statuto della comunità di Castelfranco di Sopra (Ar).

ACQUA PAZZA RISCALDATA UNA O PIU’ VOLTE


Siamo qui per lo popolo e per lo ricordare chi ci ha fatto versare il sangue sui nostri campi. Chi doveva proteggerci, invece ha raziato i nostri pollai.

Lo governo guelfo, Fiorentino; con tutte le terre guelfe di Toscana fecione lega insieme contro lo’mperatore, e si misero in servigio del re Ruberto re di Napoli.
Negli anni di Cristo 1311 a di 17 ottobre, i Fiorentini sentendo che lo’mperatore veniva a Genova, presero in guardia il castelo e la rocca di Samminiato del Tedesco, e mandarono a dire s Volterra che non si rubellasse per gli ghibellini allo’mperatore; e’ Lucchesi fornirono tutte le castella di Lunigiana e del Valdarno di ponente.
Nel detto anno e mese i Fiorentini mandarono loro masnade in Lunigiana per contradiare i passi allo’mperatore, perché lo’mperatore non potesse venire a Pisa.
15 dicembre del detto anno il re Ruberto mandò a’Fiorentini cavalieri per contastare lo’mperatore.
Nel detto anno dì 11 Gennaio, messer Arrigo di Namurro fratello del conte Ruberto di Fiandra, maniscalco dello’mperatore, giunse per mare a Pisa, e fece prendere tutte le some de’Fiorentini che venivano di Pisa, onde i Fiorentini ebbono grande danno. Per questa cagione i Fiorentini mandarono gente a cavallo e a piede alla guardia di Samminiato e di quella frontiera.

Il blocco delle merci provenienti da Pisa, per i commercianti fiorentini fu un grande danno economico, mandarono lettere, fogli scritti chiedendo aiuto alle autorità cittadine, tutto questo fu invano ormai la guerra era stata dichiarta e queste suppliche erano fogli al vento.
Lo ricordiamo queste suppliche con

PEZZA ALLE SPEZIE

dove le parole sono come il cacio sulla pasta. Questa ricetta presente nel manoscritto “Liber de coquina”, presente nella Bibliothèque Nationale di Paris.


Nel detto anno a di 6 marzo lo’mperatore entrò in Pisa e da’ Pisani fu ricevuto come loro signore, facendogli grande festa e processione. In Pisa dimorò attendendo gente nuova dal suo paese. In questo dimora in Pisa il maniscalco on la sua gente molte cavalcate e assalti fece sopra le castelle de’Lucchesi e di Samminiato al Tedesco senza tender campo o assedio.

Nell’anno 1312 del mese di Aprile, sentendo il re Ruberto l’apparecchiamento che’l re d’Alemagna facea in Pisa per venire a Roma per coronarsi, si mandò inanzia a Roma, alla richiesta e colla forza degli Orsini, seicento cavalieri catalani e pugliesi e mille pedoni e v’andarono della lega di Toscana più di ottocento cavalieri e migliaia di pedoni per contrastare la coronazione d’Arrigo imperatore. Colla forza di detti Orsini di Roma e di loro seguaci presero il Campidoglio, lo castello Adriano detto sant’Agnolo, e la chiesa e’palagi di san Piero; e così più della metade di Roma e la meglio popolata, e tutto Trastevero. I Colonnesi e loro seguito che teneano la parte dello ‘mperatore teneano Laterano, santa Maria Maggiore, Culieseo, santa Maria Ritonda, le Milizie e santa Savina; e così ciascona parte imbarrata e asseragliata con grandi fortezze.
Nel detto anno di 23 d’Aprile, il re d’Alemagna si parti di Pisa con la sua gente in quantità di duemila cavalieri e più, e fece la via della Maremma, e poi per lo contado di Siena e per quello di Orbivieto, se n’ando a Viterbo, e quello ebbe senza contradio, perrocch’era nella signoria dei Colonnesi. Soggiornò più giorni lo re d’Alemagna in Viterbo, perché non potea avere l’entrata della porta di san Pietro di Roma e ponte Emale [Emilio] sopra Tevero era guernito e guardato er la forza degli Orsini. Poi per la forza della sua gente di fuori, e di quella dei Colonnesi e di loro seguio d’entro, assalirono le fortezze e guardie di ponte Emale, e per forza vinsero e così entrò in Roma a di 7 di Maggio.

L’entrata del re di Alemagna e re dei Romani (titolo che avevano i re tedeschi) a Roma per farsi incoronare imperatore di Roma, lo ricordiamo con una ricetta che anche oggi vive in Roma, gli “gnocchi alla romana”. La ricetta che qui viene riportata è quello nel manoscritto, conosciuto come “Libro de la cocina”, presente nella Blibioteca Universitaria di Bologna, scritta da un anonimo Fiorentino.

GNOCCHI AL FORMAGGIO FRESCO
(SE VUOI GLI GNOCCHI)

Qui finisce il primo servizio e partiamo col secondo servizio, aspettando l’incoronazione del nuovo imperatore e paladino dei ghibellini.

Nel detto anno, dimorando il re de’Romani in Roma più tempo per venire per forza alla Chiesa di san Piero a coronarsi, più battaglie feciono la sua gente contro quelli del re Ruberto e de’ Toscani. Visto che la battaglia non dava lo sperato esito, si diliberò di coronarsi in san Giovanni Luterano. E coronato lo ‘mperatore Arrigo, pochi giorni appresso se ne andò a Tiboli a soggiornare, e lasciò Roma ibarrata e in male stato, e ciascuna parte tenea le sue contrade afforzate e guerrite. De’ suoi baroni si parti, fatta la coronazione, il dogio di Baviera e la sua gente, e altri signori d’Alemagna che l’avevano servito, sicchè con pochi oltramontani rimase.
Poi si parti lo’imperatore da Tiboli per venire in Toscana. I Fiorentini e gli altri Toscani, sentendo che lo ‘mperatoresera partito e faceva la via della Toscana. Partirono per la Toscana. La lega del re Ruberto e di parte guelfa s’erano isforzati di gente d’arme per tema dell’imperatore, circa duemila cavalieri aveano.

Incoronato imperatore Arrigo e partito da Roma. Tutti e due gli eserciti si mossero in una o più direzioni come quando il vento soffia su un prato in primavera dove ogni stelo d’erba si muove in una direzione rimanendo poi diritto verso il cielo. Questo prato d’erba lo ritroviamo nella

TORTA D’ERBE

Questa ricetta del XIV secolo, presente nel manoscritto conosciuto come “Dodici ghiotti”, presente nella Blibioteca Riccardiana di Firenzr, scritta da un anonimo Fiorentino.

Partì lo’mperatore e venne guastando e ardendo e per forza prese diverse città e castelle ed entrò ad Arezzo, e dagli Arretini fu ricevuto a grande onore. E ad Arezzo fece sua raunza per venir sopra la città di Firenze, e subitamente si partì d’Arezzo e entrò nel contado di Firenze a di 12 settembre, e di presente gli fu reduto il castello di Caposelvi in su l’Ambra ch’era dei Fiorentini. E poi si pose ad oste al castello di Montevarchi. Avuto Montevarchi, sanza dimoro venne ad oste al castello di Sangiovanni, e si rendeo. Così senza riparo venne al borgo di Fegghine.
I Fiorentini sentendo lo’mperatore partito d’Arezzo, incontamente cavalcarono popolo e cavalieri di Firenze al castello dell’Ancisa in su l’Arno, e furono intorno di milleottocento cavalieri e gente a piè assai, e all’Ancisa s’accamparono per tenere il passo allo ‘mperatore. Egli sentendo ciò, con la sua gente armata venne nel piano dell’Ancisa e richiese i Fiorentini di battaglia. Lo ‘mperatore vegendo ch’è Fiorentini non volendo combattere si prese la via del poggio di sopra all’Ancisa e per istretti forti passi valicò il castello, e venne dalla parte verso Firenze. Veggndo l’oste de’Fiorentini la sua mossa, parte di loro col maniscalco del re e le sue masnade si partirono dall’Ancisa per essere dinanzi al cammino. Furono messi insconfitta, seguendogli parte di loro infino nel borgo dell’Ancisa. I Fiorentini rimasono nel castello dell’Ancisa quasi assediati e con poco fornimento di vittuvaglie si fattamente, che, se lo’mperatore fosse stato fermo all’assedio, i Fiorentini ch’erano all’Acisa, erano quasi tutti morti o presi. Ma come piacque a Dio, lo ‘mperatore prese consiglio la notted’andrsene al dritto alla città di Firenze, credendolasi avere sanza conrtasto, lasciandosi l’oste dei Fiorentini addietro all’Ancisa, come assediati e molto impauriti e peggio ordinati.

I due eserciti si scontrano anche se le ultime battaglie sono a favore dell’imperatore, e i guelfi stanno perdendo castelli, ma la guerra è lunga. Lunga è anche la cottura della carne in umido o “civero” come venivano chiamate nel medioevo.

CIVERO
(Per fare civero de salvaticina)

Questa e una ricetta di Maestro Martino.

E così il seguente giorno dì 19 di Settembre 1312, lo’mperatore venne ad oste alla città di Firenze, ardendo la sua gente quanto si trovava innanzi; e così passo il fiume Arno e attendossi alla badia di santo Salvi. I Fiorentini veggendo l’arsione delle case che er lo cammino facea, a suon di campana s’armarono il popolo e co’ gonfaloni delle compagnie vennero nella piazza de’ loro priori, e ‘l vescovo di Firenze co’ cavalli de’ cherici s’armò, e trasse alla difensione della porta di santo Ambrogio e de’ fossi, e tutto il popolo con lui serrarono le porte, e ordinarono i gonfalonieri e loro gente su per gli fossi alle poste alla guardia della città di dì e di notte. E così dimorano in grande paura i Fiorentini due dì, ch’è loro cavalieri e oste tornarono dall’Ancisa. Giunti a Firenze, la città si rassicurò; e dalle città guelfe vi mandarono all’aiuto e guardia della citta cavalieri e pedoni.
All’assedio dimorò lo’mperatore infino all’ultimo dì del mese di Ottobre, guastando il contado tutto dalla parte di Levante, e fece gran danno ai Fiorentini sanza dare battaglia niuma alla città, stando insperanza d’averla in concordia. I Fiorentini teneano aperte tutte le porte, fuori da quella parte; e entrava e usciva la mercatanzia, come se non v’avesse guerra. Lo ‘mperatore fu malato più giorni a san Salvi, e veggendo non potea avere la città per accordo né la battaglia voleano i Fiorentini, se ne parti non bene sano.

Il frigolio delle fiamme, il suono delle spade, l’urlo dei soldati, il calpestio degli zoccoli dei cavalli, il rumore della battaglia si sparge nella campagna. Anche qui il crpitio del fuoco sulla brace alimentata dal grasso del nostro arrosto è un visione più bella di un campo di battaglia ed il profumo della carne che si cuoce areggia nella piazza.

CERVO AL FOCO


Lo’ imperatore con la sua oste si parti la notte ardendo il campo, valicò l’Arno per la via ond’era venuto, e accampatosi nel piano d’Ema di lungi alla città da tre miglia. Né già per la sua levata i Fiorentini non uscirono la notte della città. Ma suonarono le campane, e ogni gente fu ad arme; e per quello si seppe poi, la gente dell’mperatore ebbe gran tema della levata, che la notte non posse assaliti dinanzi o alla retroguardiada’Fiorentini. La mattina vegnente una parte de’Fiorentini andarono al poggio di santa Margherita sopra il campo dello’mperatore, più assalti gli feciono, de’ quali ebbono il peggiore: e con vergogna là dimorato tre giorni. Lo ‘mperatore andò con la sua oste in su borgo di san Casciano presso alla città otto miglia; E stando lo’mperatore a san Casciano , gli vennero in aiuto i Pisani. A san Casciano dimorò infino a di 6 di Gennaio senza fare a Fiorentini altro assalto se non di corriere e guasto e arsioni di case per lo contado, e prese più fortezze della contrada; né perciò i Fiorentini non uscirono fuori a battaglia, se non in correrie e schermugi, quando a danno dell’una parte e quando dell’altra, da non farne grande mensione, se non in una avvisaglia a Cerbaia di val di Pesa furono i nostri rotti da’Tedeschi.
Allo’mperatore medesimo mancò gente, e per lo suo lungo dimoro e per disagio di freddo si cominciò nel campo a san Casciano grande infermeria e mortalità di gente, la quale corruppe forte la contrada, e infino a Firenze segui parte; per la qual cagione si partì lo’mperatore con la sua oste da san Casciano e andarono a Poggibonsi.
Il dì 9 di marzo ritornò a Pisa assai in male stato di se e di sue gente.
Lo ‘mperatore s’apparecchiò per andare nel Regno contro re Ruberto, e si partì da Pisa.
Partito lo’imperatore di Pisa, e passò oltre Motaperti, là cominciò ad ammalare. Poi andò per bagnarsi al bagno a Macereto, e di la al borgo a Buonconvento. Là aggravò forte, e come piacque a Dio, passò di questa vita il dì di san Bartolomeo, dì 24 agosto 1313.

Glorioso popolo di Cerbaia, abbiamo ricordato la partita dello ‘mperatore, che ha portato gran dolore sulla nostra terra. La battaglia di Cerbaia sarà ricordata per la morte di uno degli Spini, e uno de’Bostichi, e uno de’Guadagni, de’più pregiati donzelli di Firenze. Peccato che lo nostri figli, lo nostri padri, le nostre madri, non sono tante pregiate per essere ricordate. Abbiamo pagate gabelle, allo comune di Firenze, cosa è servito? Che madre sconsiderata quella che non riesce a proteggere i propi figli?
Messeri e madonne beviamo un buon vino dolce per dimenticare il dolore.

A RISO DELLA PACE

Quanto sangue versato... cavalieri morti...dolore negli occhi sia dei vinti che dei vincitori.
Quanti soldi spesi per un pugno di terra, per potere...per orgoglio.

Ma... è questa la forza?... E' questo il coraggio?

Basta!... basta alle guerre, alle violenze... alle ingiustizie...trasformiamo le armi di guerra in strumenti di vita: per ogni spada una zappa, per ogni mazza una zuppa.

Le differenze reali, non sono fra Guelfi e Ghibellini, tra fedeli o infedeli, imperiali o papali;le differenze reali sono tra coloro che abbracciano la pace e coloro che vogliono distruggerla; tra coloro che guardano al futuro e coloro che si aggrappano al passato, tra coloro che tengono in pugno la spada e coloro che la ripudiano.”

Il giorno in cui il potere dell'amore supererà l'amore per il potere il mondo potrà scoprire la Pace.”


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