POGGIO BRACCIOLINI
Il padre di Poggio Bracciolini, Guccio era un piccolo proprietario fondiario e svolgeva l’attività di “speziale”. Nel 1373 all’età di 28 anni, aveva sposato, la quattordicenne Jacopa, figlia del notaio ser Michele Frutti di Castelfranco ed abitava a Terranova ( allora Castel Santa Maria).
La madre Jacopa, abitava a Castelfranco, terra nuova fiorentina, dove nel suo orto troviamo coltivato: agli, cavoli e cipolle. Lo statuto del comune del 1396 obbligava tutti i castellani a questa coltivazione degli orti comunali.
Riprenderemo questi tre prodotti della terra per ricordare sua madre con una
minestra di pane alla castelfranchese
arricchita con dei fagioli gentili.
Ci terrà compagnia una simpatica Facezia di Poggio ci porta dentro le mure di Terranuova con :
Di una donna che ingannò il marito
Nel 1380, 11 febbraio nasce Poggio, E’ lo stesso umanista a confermare in una lettera all’amico Niccoli la data della sua nascita: “ Oggi, mio caro Niccolò, ho festeggiato il mio compleanno fra gente dottissima [….] Ho compiuto 50 anni e ho dato inizio a un nuovo Giubileo [….] Roma, 11 febbraio 1430.”
Nel 1384 viene alla luce sua sorella Lisabetta che morirà nel 1391.
Nel 1388 il padre perseguito dagli usurai e creditori è costretto a scappare con la famiglia ad Arezzo.
In Arezzo nacque la sua sorella Caterina alla quale il Poggio rimarrà sempre molto legato, egli aveva anche un fratello di nome Piero, ma i biografi sono concordi nel ritenere illegittimo. L’umanista lo cita più volte nelle sue lettere con dolore e sdegno perché, ozioso come era metteva in discordia la famiglia.
Da Arezzo, il Poggio, si recò a Firenze, con in tasca 5 soldi come racconterà più tardi. Studio per notaio e nel 1402 fu iscritto nelle matricole di notaio; anche il soggiorno fiorentino, in “via Sant’Ambrogio di dietro” deve essere stato caratterizzato da una estrema indigenza, che per coprire le spese era costretto a fare ripetizioni e a copiare e trascrivere codici a pagamento.
Essere al verde è sempre brutto, in tutte le epoche. Poggio la sua abilità e la sua cultura riuscì superare quei brutti momenti. Noi ricordiamo quei bui giorni con una:
porrata verde
Poggio ci narrerà un Facezia di quando viveva a Firenze dove i protagonisti sono, il padre, il figlio, la matrigna ed il vicino:
Un giovane fiorentino che scopò la matrigna
A Firenze studiò alla scuola di Emmanuele Crysolara, rinomatissimo insegnante di lingua greca e lingue orientali, da dove erano usciti dotti e celebri letterati ( Leonardo Aretino, Palla Strozzi, ecc.). Dove ebbe diversi amici che ritroveremo nelle sue lettere tra cui Ambrogio Traversari, Niccolò Niccoli e Colucci Salutati, che occupava l’ufficio di Cancellere della Repubblica fiorentina.
Nel 1403 si trasferì a Roma, al servizio del cardinale Maramori, con lettera di presentazione dell’amico Cancelliere Coluccio Salutati.
Successivamente divenne segretario apostolico, carica della quale rimarrà investito per molto tempo, anche con diverse interruzioni dovute alle vicende particolari che attraversarono il pontificato in quel periodo.
Per giudicare realmente la figura del Poggio sono indispensabili alcuni chiarimenti riguardo ai tempi in cui visse ed operò.
Nel ‘300 la sede apostolica era stata per 70 anni ad Avignone, e nel 1378 muore di Gregorio XI, che aveva riportato la sede apostolica Roma: Viene eletto Urbano VI, dei Cardinali secessionisti nella città di Fondi, elessero un nuovo papa che prese il nome di Clemente VII ( 1378 – 1394), che pose la sua residenza ad Avignone, così erano presenti due papi. Questo episodio diede il via al Grande Scisma, che divise la cristianità per quasi quarant'anni.
Nel 1409 a Pisa si tentò di eliminare il grave inconveniente, invitando a dimettersi i due Pontefici precedenti, ed elessero un terzo Papa che assunse il nome di Alessandro V, ma i due pontefici precedenti non si dimisero, così ci furono tre papi contemporaneamente.
Alla morte di Alessandro V, fu eletto Giovani XXIII.
Nel 1414 c’erano tre i papi regnanti: Gregorio XII a Roma, Benedetto XIII ad Avignone, e Giovanni XXIII a Pisa.
Se il bianco è il colore del papa, qui ne abbiamo tre, questo conflitto interno alla Chiesa, per interessi di parte mette a “giudò” l’animo umano.
ravioli bianchi o gniudi
in molte Facezie il Poggio parlerà di papi e prelati raccontando anetodi e mettendo a nudo i loro vizi. Qui racconta di uno sfogo del cardinale di Bordeaux contro il papa Gregorio XII:
Il cardinale di Bordeaux a proposito di un saltimbanco
ui
Solo l'intervento dell'imperatore Sigismondo [Sigismondo del Lussemburgo (Norimberga, 15 febbraio 1368 – Znojmo, 9 dicembre 1437) fu Principe elettore di Brandenburgo (1378-1388, 1411-1415), Re d'Ungheria dal 1387, Re di Croazia, Rex Romanorum dal 1410, Re di Boemia dal 1419 e Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1433 alla sua morte] poté mettere fine a questo stato di cose. Questo costrinse Giovanni XXIII a convocare un nuovo concilio in territorio tedesco, a Costanza, nel novembre 1414
Nel 1414 venne indetto il Concilio generale di Costanza, il pontefice Giovanni XXIII ( 1410- 1415) riconosciuto dalla maggioranza quale legittimo Papa, invitò Papa Gregorio XII a dimettersi, l’altro Papa Benedetto XIII non si volle dimettersi e fu dichiarato eretico. Nel 1417 moriva il Pontefice Giovanni XXIII e fu eletto il cardinale Ottone Colonna che prese il nome di Martino V ( 1417-1431).
Papa Bonifacio IX , che aveva eletto il Poggio come Scrittore delle lettere apostoliche, ed aveva avuto stima in lui nel 1404 morì, ed il suo successore Innocenzo VII ( 1404-1406), tenne con se il Bracciolini con uguale affetto e stima. Godendo di questa influenza sul Papa raccomandò il suo amico Leonardo Aretino e fu assegnato come suo aiuto.
Dopo due anni nel 1406 Innocenzo VII morì, i cardinali di maggioranza elessero Gregorio XII (1406- 1409).
Poggio si trovò coinvolto Giovanni XXIII colui che lo aveva confermato nell’ufficio di scrittore delle lettere apostoliche.
Tutti i papi parteciparono al Concilio di Costanza.
Quanti contrasti fra le frazioni, quanti opposte vedute, sembravano in cane ed il gatto, il bianco e nero:
riso con seppie
Il Concilio di Costanza segno al Poggio la sua vita, lasciando bei ricordi, qui riportiamo due Facezia sulla poca o tanta libertà che i partecipanti avevano durante il Concilio:
Della sorella incinta di un cittadino di Costanza
e sempre sullo stesso argomento:
Detto dell’imperatore Sigismondo
Ben presto si decise che la votazione sarebbe avvenuta per nazioni, non per individui, con grave danno degli italiani, che persero la loro superiorità numerica. Questo fatto, ed altri contrasti con l'imperatore e l'assemblea, spinsero Giovanni XXIII, che pure aveva promesso di abdicare se anche gli altri due papi l'avessero fatto, a fuggire da Costanza.
Con la fuga di Giovani XXIII, Poggio rimase al Concilio per vedere come andassero le cose e per non precludere ogni via di impiego pontificio.
Fra lungaggini e discussioni del Concilio si mise a studiare l’ebraico, ma la lingua ebraica non lo soddisfava, perché priva del pensiero e dello stile dei suoi classici.
Per distrarsi volle visitare i famosi Bagni di Baden, che descrive ampiamente nella lettera indirizzata Niccolò Niccoli.
Il 15 aprile 1415 morì a Costanza il celeberrimo letterato-grecista, Emanuele Crysolora, e suo Maestro, il rappresentante ufficiale della Chiesa greca al Concilio, per mandato dell’Imperatore d’Oriente.
Poggio fu Incaricato dal’assemblea a tessere l’elogio funebre, ciò che fece con tutta l’effusione dell’affetto e stima che lo aveva legato al Maestro.
Nel 1416 Poggio aveva fatto ritorno a Costanza e volle assistere al processo contro Jan Huss dal Concilio, perché macchiato ed accusato di eresia. In una lettera il Poggio scrive “ Se è vero che abbia avute opinioni contrarie alla dottrina della Chiesa, lo condanno; ammiro la sua cultura, la soavità della sua eloquenza e la sua accortezza nelle confutazioni”.
Poggio fu presente alla sentenza che condannò l’eretico al rogo, e volle assistere allo spettacolo raccapricciante dell’ “ uomo legato al palo con corde bagnate e catene [..] ammasso di grossi pezzi di legno con frammessa, fino all’altezza del petto, e quando vi si pose fuoco intonò un inno, che fu appena interrotto dal fumo e dalle fiamme […] così perì un uomo, prescindendo dalla fede, egregio in tutto [..] Testimone osservai ogni particolarità.”
Con l’elezione a Pontefice di Martino V (1417 – 1431) terminò lo scisma nella Chiesa e si chiuse il Concilio di Costanza.
In quegli anni trovandosi al Concilio di Costanza, approfittò per rovistare biblioteche pubbliche, private monastiche ed ecclesiastiche alla ricerca di manoscritti originali o trascrizioni di opere classiche, dove trovò molte opere, alcune le acquistò altre le fece copiare.
Vistò e rovistò minuziosamente le biblioteche dei monaci di San Gallo in Svizzera, dei monasteri di Cluny della città Langres in Francia, di Baden e tante altre località.
Poggio non volle far ritorno a Roma, preferì ritirarsi in Inghilterra, invitatovi dal Cardinale di Beaufort Vescovo di Wincester, figlio del Duca di Lancaster, zio di Enrico V allora reggente.
Il viaggio verso l’Inghilterra il Poggio partiva con tante speranze e motivazioni economiche, si ritrovò in una ambiente naturalista che prati verdi, dove pecore ed animali al pascolo brucavano l’erba tenera e profumata:
torta d’erbe
Anche qui dall’Inghilterra il Poggio ci racconta un’altra simpatica facezia:
Quello che promise un cero alla Madonna
Il motivo che indusse il Poggio ad accettare quell’invito lo indica in una lettera scritta da Londra all’amico Niccolò Niccoli, in cui dice di essere stato spinto dall’attrattiva di un futuro più comodo, più onorificio e più redditizio, ed anche per allontanarsi da quella Curia Romana che lo aveva tanto indignato, e poi anche per amore della libertà, che gli era stata tolta dalla schiavitù dell’orario e del lavoro forzato.
Il Cardinale gli aveva prospettato lusinghiere promesse per poter condurre una vita agiata e signorile a Londra. La cultura inglese nel secolo XV era a zero o quasi. Ed il Cardinale preferiva un vita di ricevimenti che poter pensare alla cultura e scienze. Così il Poggio si sentiva sempre più inutile. Inoltre il costo della vita in Londra era troppo gravose per il Poggio, e fu costretto dalla necessità a chiedere al Cardinale indennizzandolo almeno delle spese del lungo viaggio intrapreso dietro il suo invito. Il Cardinale conferì al Poggio un beneficio ecclesiastico della sua Diocesi, una rendita nominale di 120 fiorini.
Per usufruire del beneficio ecclesiastico il Poggio fu costretto ad indossare l’abito ecclesiastico. Scrive all’amico Niccolò dicendo “mi spoglierò presto di questa veste che molto pesa”. In un’altra lettera indirizzata sempre al suo amico, scrive il motivo che lo indurrà a non prendere mai i voti: “che molto grave è i peso che s’impongono coloro che assumono cura di anime, ed io diffido di me stesso, di aver ciò le qualità necessarie per adempiere i doveri di un Ministero che esige una vigilanza infaticabile, ed una severa regolarità di condotta.”
Durante il soggiorno in Inghilterra, andò in giro nelle biblioteche alla ricerca di manoscritti. Quando andò ai confini dell’Isola col Cardinale Beuafort per fuggire dalla peste, di aver visitato il Monastero più antico e magnifico che vi fosse, ma senza frutto. Solo un manoscritto avrebbe trovato in un antico Monastero, del monaco Sigiberto Embliacense che Poggio stimò preziosissimo.
Nel 1422 dopo cinque anni che il Poggio era a Londra, sentendo sia abbastanza inutile, sperava che gli capitasse un invito per poter ritornare in Italia.
Finalmente fu invitto dal Cardinale Alemanno Adimari Arcivescovo di Pisa titolare di San Eusebio in Roma, ad accettare l’impiego di Segretario pontificio.
Nel contempo gli giunse l’invito del diplomatico Pietro Lamberteschi di accettare un nobile mandato con eccellente rimunerazione.
Al Poggio preferiva la proposta di Pietro Lamberteschi, l’invito del Cardinal di Sant’Eusebio non lo entusiasmava nel ritornare a Roma in quell’ufficio che lo opprimeva.
Il piano del Lamberteschi svanì e così decise di accettare l’ufficio di Segretario del Sommo Pontefice Martino V .
Il Poggio abbandonò Londra senza rimpianti e prese la via di Roma per stabilirvi nuovamente la sua dimora.
Rientrare in Italia, una gioia, ritornare dai suoi amici, ma ritornare a Roma, non era il suo sogno, come il montone si muove a testa bassa e si dirige verso il suo obbiettivo, anche Poggio sa bene, se vuole arrivare al suo obbiettivo deve essere disposto a prendere delle cozzate, così il piatto che ci racconta questo momento, non può essere anche se ha presentato non ci stupisce, poi mangiando ci dice che arriverà giorni migliori:
montone al riso
non ci può che raccontare il Bracciolini di ingiustizie dei palazzi del potere, ed ecco la Facezia così attuale che sembra scritta oggi:
Di un amico mio che mal sopportava l’eccellere di chi a lui era inferiore per cultura e virtù
Durante il soggiorno a Roma, la città fu colpita dalla peste, il Pontefice con tutta la sua Corte, impaurita di essere contagiati cominciò a pellegrinare da una città all’altra: Tivoli, Anagni, Ferentino, Grottaferrata e Genzano.
Poggio all’inizio seguì il Pontefice, ma poi gli fu accordato di potersi ritirare a Rieti, che tanto bramava per visitare la Valle retina, ricca di ricordi francescani. Altre volte fu del tutto dispensato dal seguire il papa Martino V, per seguire i suoi studi letterati.
In questi intervalli poté nel 1427, torna a Terranuova sistemare alcuni affari di famiglia ( evidentemente il padre era già morto) e da allora i legami con la sua terra natale diventano più stretti dona alcuni pezzi di terra alla chiesa di Santa Maria e vi fa costruire nella chiesa la cappella dedicata alla Santissima Annunziata che l’arricchirà con reliquie e oggetti sacri, e costruirà il “palazzo” di famiglia, segno tangibile dello status sociale acquisito. Nelle sue ricerche raccoglieva e comprava a sue spese manoscritti o li copiava, raccoglieva iscrizioni, statue, capitelli e sculture decorative.
In questo tempo medesimo, trovandosi a Roma Cosimo de’ Medici, ospite del Pontefice, Poggio ebbe l’onore di accompagnare il Granduca ad Ostia, e con lui visitare gli antichi monumenti, ed in questa visita racconta di essere stato colpito da alcuni bellissimi epigrammi scolpiti sui templi e sulle tombe che volle copiare con scrupolosa fedeltà.
Nel 1431 divenne papa Eugenio IV, che si mise in contrasto con la Famiglia Colonna, Orsini e Savelli che erano stati i favoriti del papa precedente Martino V. Una serie di circostanze portò ad una rivolta contro il Pontefice appoggiata dalle famiglie ostili al papa ed appoggiate dal Duca di Milano, Filippo Maria Visconti e dal mercenario Niccolò Piccinino.
La rivolta costrinse il papa a fuggire in esilio nel maggio 1434. Travestito con abiti da monaco, venne condotto da una barca a remi al centro del Tevere, inseguito dalla milizia comunale e sotto il lancio di pietre gettate da entrambe le rive, fino a Ostia, dove lo attendeva un vascello fiorentino che lo portò a Firenze.
I membri della Corte pontificia si dispersero cercando di mettersi in salvo. Poggio nel tentativo di fuggire ebbe la disgrazia di cadere in mano al condottiero Niccolò Piccinino che lo imprigionarono per ottenere un buon riscatto. Nulla valsero le lettere di grazia che i suoi amici mandarono al Piccinini tra cui Francesco Conte di Poppi, il Poggio dovette pagare il riscatto per riconquistare la sua libertà. Libero, prese il cammino verso Firenze.
Il Pontefice Eugenio IV col fissare la residenza della sua Corte in Firenze, anche il Poggio fissò la sua dimora in questa città dove era partito tanti anni prima per Roma. Si accorse subito che Firenze non era più la città che aveva lasciato, la vide coinvolta e divisa infazioni politiche uno contro
l’altro, ed il suo amico Cosimo de’ Medici era stato costretto a fuggire da Firenze (1433) lasciò tantissima amarezza in lui. Scrive il Machiavelli nelle Istorie fiorentine: « Rimasa Firenze vedova
d'uno tanto cittadino e tanto universalmente amato, era ciascuno sbigottito; e parimente quelli che avevano vinto e quelli che erano vinti temevano. »(Istorie fiorentine IV, 30)
In questo contesto di odio ed invidia anche il Poggio fu coinvolto, la fama della stima della posizione onoraria che occupava alla Corte del Pontefice e che aveva occupato antecedente con altri pontefici suscitò un numero considerevole di invidia e di vili astiosi verso di lui.
Tra i rivali troviamo Lorenzo Valla (1407-1457) oriundo vicentino, oratore, scrittore.
L’altro più spietato nemico di Poggio, fu Francesco Filelfo, umanista.
Quante volte la lingua parla, soltanto per invidia e cattiveria, così i conflitti cominciano e non hanno fine, e non si può più tornare indietro, come può rappresentare meglio di una:
lingua arrosto
il suo nemico è preso anche lui dalle Facezia
Visione di Francesco Filelfo
Firenze era divisa in due partiti; uno a favore dei Medici e l’altro in piena opposizione. Fililfo era in opposizione ai Medici invece Poggio politicamente seguiva ed appoggiava la corrente di Cosimo de’ Medici.
Nel breve intervallo dell’esilio di Cosimo, il suo partito fu perseguitato, schernito e vilipeso con infamanti libelli anonimi, con caricature mordenti, con vignette immorali ironie e sarcasmi, aventi di mira Cosimo, i letterati, Poggio, i suoi seguaci. In questa aveva la parte principale Filelfo. La vittoria di Filelfo e del suo partito fu di breve durata, poiché non era passato un anno che Cosimo de’ Medici veniva plebiscitariamente richiamato in Firenze.
Filelfo consapevole dell’odio vomitato contro Cosimo, Poggio ed il suo partito scappò a Siena.
Il contrasto fra Poggio e Filelfo continuo a suo di penna, le risposte del Poggi alle inventive di Filelfo accusandolo della più nera ingratitudine verso coloro che lo avevano trattato con maggiore cortesia e bontà.
Queste diatriba di Poggio, hanno piuttosto nociuto anziché giovato al grande illuminista. Il Poggio si è impegnato con Filelfo in un impresa poco gloriosa, ambedue potevano essere più cavalieri!
In una lettera del Cardinale Giuliano lo rimprovera “ le vostre passioni hanno soggiogato i vostri principi [….] siete divenuto padre di illegittima prole […] Avete figli, il ché è incompatibile col carattere ecclesiastico […], Ricordiamo che il Poggio non prese mai gli Ordini sacri. Rispose: “ Si, ho figli, il che è buono per un laico, e gli ho avuti da una concubina [ Lucia Panelli] […] ma non voglio difendere i miei errori, né scolparmene. So di aver male operato e lo confesso. Lorenzo Valla, nemico del Poggio, lo rinfaccia di avere irregolarmente quattordici figli.
In una lettera ai suoi amici scisse i motivi che lo teneva lontano dal matrimonio dicendo che non si sentiva inclinato, che l’atterrivano i vincoli indissolubili, che troppo gravi sarebbero stati gli obblighi che si sarebbero assunto, troppo difficile e importante sarebbe stato per lui il peso di una famiglia, troppo d’impiccio sarebbe stato per lui che avrebbe voluto girare a piacimento per le città e biblioteche d’Italia.
I sui libri, le sue gite, lo fanno vivere in tranquillità, lontano da ogni oppressione imposta dalla società, con e il suo piatto preferito:
pollo all’agretto
Le serate nel giardino di Terranova fra amici a raccontarci le Facezie:
Di un medico
Alcuni anni dopo scrive al Cardinale di Sant’Angelo: “ Conosciuta l’indole egregia, la modestia e la virtù singolari d’una giovinetta d’illustre famiglia che non aveva ancora il diciottesimo anno compiuto, rivolsi ad essa i miei pensieri. Dell’esemplarità dei suoi costumi, tutti mi erano testimoni coloro che la conobbero, talché stimando essere questa dote più ricca di ogni altra, sebbene ella fosse più bella di quello che alla mia età si convenisse […] la virtù, l’onestà ed il pudore vincevano in lei la grazia, e la bellezza della persona, rivolsi farla mia. Né ebbi a pentirmene […].”
Poggio contava cinquantacinque anni.
Nel 1436 Poggio si sposa con Vaggia ( Selvaggia) dei Buondelmonti e la porto a vivere a Terranuova che gli diede alla luce sei figli.
Il matrimonio è arrivato, il bianco colore del candito vestito di Vaggia e il riso l’emblema dl matrimonio
riso
Durante i matrimoni siamo tutti felici e contenti, si scherza e si racconta le Facezie:
Di una giovinetta che accusava il marito di averlo corto
Qui egli amava tornare alla sua villa di Terranuova, che chiamava Valdarnina, dove l’arricchisce raccogliendo infinite testimonianze dell’antichità: statue, libri, epigrafi ecc., quando le sue occupazioni glielo consentivano, e invitare gli amici letterati a conversare nel suo orto. In una lettera il Poggio scrive di aspettare tre teste marmoree, una di Minerva, una di Bacco e una di Giunione, aggiungendo che ha già preparato per loro un posto adatto; metterà Minerva tra i libri, Bacco in mezzo al dolce vino di Terranuova e Giunone là dove potrà consolarsi dei tradimenti del marito.
Tra il 1438-39 Poggio lascò definitivamente la Curia Romana, col pieno consenso del Pontefice Niccolò V per ritirarsi, a Terranuova, a vita privata, semplice e tranquilla.
La vita a Terranuova conserva per lui lati piacevoli e porta serenità al suo spirito. Nelle lettere scritte agli amici confessa “ mi diletto a fare piccole passeggiate sulle colline intensamente coltivate, leggo quotidianamente qualcosa o scrivo, oppure mi diletto con i miei figlioli, e questa vita mi piace tanto che, se potessi, cercherei di star lontano da ogni preoccupazione per le cose esteriori e virei per lo studio”.
Tranquillità di una vita serena fra i suoi libri, con un buon bicchiere di vino accompagnati da dei dolcetti:
datteri ripieni e nucato
L’ultima Facezia non può che ritornare al suo paese, dove a mantenuto le sue radici:
Storia di Mancino
Nel 1453 si spostò a Firenze, presso i Medici e si dedicò alla scrittura di una storia di questa città. Qui morì il 30 ottobre del 1459 nella villetta di Pian di Ripoli.
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