POSSIAMO RISCOPRIRE I GUSTI DEL MEDIOEVO IN CUCINA

POSSIAMO RISCOPRIRE I GUSTI DEL MEDIOEVO IN CUCINA

Oggi possiamo riscoprire i gusti del Medioevo in cucina? Riproducendo oggi fedelmente dei piatti medievali li possiamo apprezzare? Il nostro giudizio su cosa si basa?

Partiamo a definire il gusto, di gusti ce né uno solo?

Gusto inteso come sapore, è la sensazione individuale della lingua e del palato: esperienza per definizione soggettiva, sfuggente, incomunicabile.
Gusto anche come sapere, è la valutazione sensoriale di ciò che è buono o cattivo, di ciò che piace o dispiace. Questo riguarda il cervello e non la lingua, il cervello è l’organo del piacere gastronomico.
Il gusto come piacere è un’esperienza di cultura che ci viene trasmessa fin dalla nascita, legata alle nostre personali esperienze, ed allargate partendo dalla famiglia, collettività e società in cui viviamo.
La cucina rinascimentale, quella medioevale, e retrodatando ancora, quella romana antica si basava sulla mescolanza dei sapori. Ciò rispondeva ai dettami della scienza dietetica, di allora,  che riteneva equilibrato un cibo che contenesse in sé tutte le qualità nutrizionali.
Il medico romano Galeno ( I secolo d. C.), che aveva rielaborato  e sviluppato le teorie di Ippocrate, basava la sua teoria sul presupposto che ogni essere vivente (uomini, animali, piante) fosse la combinazione di quattro fattori abbinati due  a due: caldo/freddo  e secco/umido; a  loro volta essi derivavano dai quattro elementi che costituiscono l’universo: fuoco, aria, terra e acqua. L’uomo è in salute quando questi elementi sono in equilibrio fra loro.  Se uno di questi elementi predomina sugli altri l’uomo non è in salute. Questa alterazione si può manifestare sia per fattori esterni, come il clima, sia da fattori interni, come le malattie oppure a causa dell’età, ed ecco che un cibo adeguato può riportare in equilibrio l’organismo. Una persona in salute deve prediligere cibi equilibrati, <<se un cibo è spostato verso il “secco”  si deve bilanciare con un prodotto “umido”, esempio: un animale vecchio che è “secco” lo lessiamo per bilanciarlo con l’acqua, “umido”>>. Questi procedimenti con il tempo sono entrati nel quotidiano e fino a diventare conoscenze proverbiali “ gallina vecchia fa buon brodo”, “ non far sapere al contadino quanto è buono il cacio [secco] con le pere [umido].
Pertanto il cuoco era tenuto a intervenire sui prodotti, ad alterare i caratteri in modo talora radicale. La cucina era percepita come un’arte combinatoria volta a modificare a trasformare il gusto “naturale” dei cibi con qualcosa di diverso, di “artificiale”.
Solo dal XVII secolo che si comincia a pensare in modo diverso, Nicolasde Bonnefons raccomandava in una lettera ai maestri di cucina della sua casa: “La zuppa di cavolo deve sapere di cavolo, il porro di porro, la rapa  di rapa”. Affermazione dall’apparenza innocente, che in realtà rovesciava modi di pensare e di mangiare consolidati da secoli.


Posso concludere che se possiamo rifare perfettamente un piatto Medievale in cucina, questo piatto difficilmente sarà apprezzato dai nostri ospiti. Uno dei compiti di un cuoco è quello di accontentare gli invitati. Per questo il cuoco deve interpretare la ricetta, senza modificare gli ingredienti, la caratteristica del piatto e senza destrutturarlo. Lasciandolo il più possibile simile all’originario, scremando degli eccessi che per noi oggi sono.

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